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recensione
Originalità creativa nell’arte della pittura di Kristina Milakovic
Kristina Milakovic è un’artista europea, di cittadinanza italiana, operante e residente a Roma.
E’ nata nel 1976 nella Città di Belgrado, già Capitale Federale della Repubblica Socialista Jugoslava. Dal 1996 è presente in Italia presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, e ad iniziare dal 1997 si trasferisce a Roma. Si scrive al quadriennio dell’Accademia di Belle Arti di Roma e studia presso la 1^ Cattedra di Pittura del Professore Nunzio Solendo, dove ha maturato la sua esperienza artistica e culturale, perfezionando la sua naturale attitudine di immagine creativa. Nel 2003 a compimento degli studi, presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, con la valutazione di 110 / 110 consegue il Diploma di Laurea in Pittura .
Il breve profilo biografico è un’opportuna premessa per definire la collocazione etica e culturale dell’artista Kristina Milakovic, nell’attuale panorama dell’arte moderna e dei pittori italiani operanti a Roma.
Questa scrittura è motivata da una totale considerazione oggettiva e critica sul valore di merito creativo ed artistico prodotto e realizzato in questi anni da Kristina Milakovic con le proprie opere pittoriche, dove si ravvisano tutti gli elementi personali e introspettivi motivati dal segno gestuale e dalla materia dipinta, in forma di memoria di paesaggio, di porte finestre scale ed altro, sbarrati da frammenti ambientali che a volte assumono decorative riflessioni con forme plastiche concrete, con visibilità emblematica di impronta simbolica, e l’introduzione della rapidità del segno significante nell’estetica della pittura composita e polimaterica che appare liberata dai riferimenti oggettivi alla natura alla bellezza figurativa delle forme e dei volumi plastici, conclusiva di una palese ed evidente originalità creativa e di alto valore artistico, di una pittura forte e tenera come è la sua umana identità personale.
E’ opportuno constatare l’originalità assoluta nella pittura e nell’arte di Kristina Milakovic, con identità e impronta di immaginazione nella esecuzione di una pittura della memoria, all’azione trasfigurata, oltre lo sguardo emotivo da una visione di interno - esterno, nel diversificato linguaggio espressivo e visivo dalla iconografia composita, concedendo alla propria creatività artistica un luogo di espressione, con riferimenti neo figurali polimaterici e segnici, esclusivi ed appaganti del sentimento e dello sguardo della pittura.
L’artista Kristina Milakovic propone e dispone una interpretazione soggettiva della natura e della mente, dei luoghi di memoria strutturati con segno e disegno compositivo, con accurata materialità cromatica, nella formale realizzazione originale di eco architettonica, naturalistica nella scelta iconografica bidimensionale di potente delicata suggestione riflessiva emergente dal proprio inconscio, palesemente cripto, nel silenzio assordante della creatività artistica.
Non conta l’invenzione dei mezzi espressivi, ma la capacità di coniugare questi nuovi mezzi di espressione pittorica con contenuti formalmente nuovi ed accettati visivamente, come astrazione lirica o di attrazione concreta di pittura diretta e di corsività calligrafica senza schemi preesistenti. Kristina Milakovic manifesta visivamente una azione pittorica di trasfigurazione con una traccia portante di campiture cromatiche diversificate da segmenti segnici tracciati con libertà fantasiosa e con spontaneità improvvisa e al tempo stesso con concentrazione emotiva in uno stato d’estasi estetico di concreta astrazione lirica di altra figurazione pittorica, che evidenzia e propone l’originalità creativa nella attuale arte contemporanea.
Nunzio Solendo
ROMA , Giugno 2010
Kristina Milakovic
plasma lo spazio della tela ricreando memorie di paesaggi introspettivi in cui
elementi ambientali e architettonici si fondano in organismi plastici
atemporali. L’artista crea una realtà altra in cui si consuma, senza mai
raggiungere risoluzione, una lotta costante tra quello che è e quello che lei
vorrebbe che fosse, tutto si crea sotto l’impulso di emozioni bipolari e tutto
si distrugge, lì dove ogni sensazione è lecita, lì dove tutto è possibile, lì
dove la sua essenza può tradursi in semplici tocchi di rosso. Le sue opere sono
spesso formate da corpi distinti impossibilitati a congiungersi, come il ponte
spezzato sancisce il disfacimento di una rete di relazioni così i suoi paesaggi
spogli ma essenziali vengono catturati nella loro natura effimera. Quello che
Kristina ci offre sono vere e proprie istantanee del suo percorso emotivo: ogni
costruzione o paesaggio assume un silente e tacito sapore in cui la morte di
quell’istante di ispirazione è tutto cio che resta…
Federica Bybel 2013
“La Milakovic nel suo Al di là ci propone un vibratile, per il cangiantismo determinato da penombre, muro rosso che sbarra lo sfocato paesaggio al di là, appunto, di esso. L’opera è fortemente impregnata di sostrati metaforici affidati alla barriera del muro rosso che impedisce l’accesso al paesaggio ed alla vegetazione, vera e propria evocazione di larvali presenze vegeto-antropomorfe che costituiscono una spettrale folla su cui tre spiccano come alberi spogli, o, se si vuole, come immagini allusive di erette figure umane.”
Storico dell’Arte Giorgio Di Genova
Premio Sulmona, 2011
“Sono luci di vitalità pensate attraverso la complicità del rosso e del giallo quelle che Kristina Milakovic accende dentro i suoi paesaggi urbani. Il suo è un colore simbolo che ridisegna la presenza di una umanità attiva simboleggiata dalla campitura che fa del luogo-quadro un condensato di domande. Di queste improvvise accelerazioni cromatiche che spezzano i ritmi del paesaggio, l’artista ne avverte l’urgenza quasi a voler significare la dualità tra lontano e presente. I suoi paesaggi sfumati danno l’idea di un mondo indistinto osservato e tradotto dalla sensibilità del segno, al quale aggiungere l’immediatezza dei toni caldi che insieme all’energia suggeriscono presenza. Quella che finisce sulla tela è una città condensata nei suoi principali aspetti. Il risultato ottenuto dalle diverse velocità pittoriche è la separazione di due ambiti che pur partecipando alla medesima opera indicano realtà cromatiche diverse. Lo spettatore guidato dentro la complessità di un mondo divenuto sensazione, altro non può fare che cercare una parte di sé, tra gli indizi lasciati sulla tela dall’artista.”
Prof. Fiorenzo Mascagna
Roma, 2012
L’Opera “Discesa di un sistema” , dell’Artista Kristina Milakovic espande intorno a sè la centralità del contrasto e della sua personale tensione, attraverso forti segni neri apparentemente finiti e poi immersi e orientati verso un bianco-assenza dell’intorno .Il tutto, composto e pensato nelle linee nere di confine, rimanda a suggestioni come di un sé strutturato alla ricerca di una dissolvenza di angosce che sembrano svanire o nascondersi in uno scenario in divenire, dove l’Artista continua, tra vuoti e pieni, tra sfondi e segni,la costruzione e la sostituzione del legame affettivo. Sottrae al tutto l’emergenza del rosso, proposto come richiamo in un sé autistico. Sembra così segnalarci una immediatezza di vuoti e urgenze di aiuti , ma come in ogni personalissima mappa individuale non può sfuggire alla centralità dei propri impulsi. E’proprio nel suo accadimento esistenziale ,racchiuso nella complessità della sua natura, che l’Artista ci dona un immaginario affascinante e onirico.
Psicologa Dott.ssa Mariagrazia Di Gaetano
L’Artista serba, costruisce una vertiginosa struttura “discensionale” con il proprio raffinato e personale cromatismo, affondandola in una misteriosa (ed opprimente) atmosfera nebbiosa. L’inquietante assemblaggio di architetture urbane dai bagliori metallici, che richiama suggestioni piranesiane o cubiste, è, tuttavia, illuminato da tasselli rosso sangue. Sono finestre sprangate o timidamente socchiuse dietro le quali immaginiamo un faticoso tessuto di relazioni umane, indizi di vita vera – sia pure nascosta - luci di libertà incastonate in un “sistema”. Dal cuore della tela, sgorga una cascata opalina che scorre incontro al riguardante, coinvolgendolo. Davvero un’opera di sofisticata eleganza.
Dott.ssa Maria Luisa Lanzafame
“A Kristina, che viene da Belgrado ed è cresciuta in una
famiglia di artisti per poi iscrversi all’Accademia d’arte, prima a Firenze e
poi a Roma, spetta, entrando, la parete destra della galleria Evasioni.
Ultimamente è passata dai bianchi e nero assoluti, che hanno
costellato la sua prima produzione, agli acrilici con bitume. Osservando,
notiamo infatti una netta prevalenza di marrone e di sfumature grigio-nerastre
nelle quali si aprono a volte, come lampi fulminei, alcune piccole tracce di
colore, magari a far risaltare un dettaglio o a creare un appiglio per l’occhio
dei curiosi. Alcune opere sono più colorate ma rappresentano un’eccezione.
Le sue opere prediligono l’astratto, con un accenno di
figurazione pur sempre presente. Sono perlopiù paesaggi, città inventate, isole
di edifici appena accennati che galleggiano a mezz’aria, scorci immersi nella
nebbia, o forse è caligine o magari potrebbe essere anche smog, oppure il
filtro dei ricordi di luoghi suggestivi, visti un tempo e ricomparsi un tratto
nella memoria dell’artista.
Kristina – ci svela – non realizza bozzetti e dipinge
direttamente sulla tela. Spesso – ci dice – , le sue opere partono da una
finestra affacciata sulla tela, e noi sorridiamo al pensiero di queste persiane
che aprono e chiudono un mondo sospeso nel sogno.
Ci fa poi notare lei stessa come le capiti, perlopiù, di
dividere le figurazioni in due blocchi in una stessa opera, e ci spiega che non
lo sa come mai, che alcuni critici o semplici osservatori le hanno chiesto se
dipendesse dalla divisione sofferta dal suo paese ai tempi della guerra, però
Kristina la guerra non l’ha vista e la sua Belgrado, nella sua memoria, è
un’isola felice di un passato sereno.
Eppure, nelle opere della Milakovic, le città volanti hanno
sempre una linea di frattura al centro che divide nettamente destra e sinistra
e presentano una divisione meno netta, ma altrettanto visibile, tra il sotto e
il sopra.
I due lati della tela si dimostrano diametralmente opposti
anche se spesso comunicanti attraverso linee orizzontali, collocate proprio nel
mezzo, a congiungere due mondi altrimenti irraggiungibili. Quanto al basso e
all’alto, la divisione è meno netta perché spesso la parte inferiore sembra
rispecchiare quella superiore, come se si riflettesse dentro a un fiume o ad un
lago di vapore che immerge l’intera figurazione. Eppure è un’illusione: la
corrispondenza non è mai perfetta e, controllando accuratamente ci rendiamo conto
che l’occhio inganna e la percezione di essere di fronte ad un paesaggio
onirico, prodotto dell’anima, diventa più forte.
Kristina forse divide le sue opere per controllarle. E’ una
donna forte che, con una figlia ancora piccola, qualche anno fa ha lasciato un
contratto a tempo indeterminato e ogni tipo di certezza lavorativa per fare un salto nel vuoto e riprendere i
pennelli a tempo pieno.
Ma anche le personalità più forti hanno bisogno di certezze.
Suddividere lo spazio delle sue opere forse le dà la sicurezza di poter
dominare i suoi sogni, che affiorano prepotenti sui fondali bianchi delle tele.
Forse… Non sa spiegarlo neanche lei, del resto, ma le cose che non si possono
spiegare a volte sono più affascinanti di quelle che riusciamo a descrivere.”
Barbara Carmignola
http://www.contrappunti.info/novita/tre-donne-tre-artiste-milakovic-spernazza-e-carloni/
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Intervista
Kistina Milakovic, ovvero viaggiare nella dimensione onirica
dell’arte
SCRITTO DA
MARIACHIARA OLIVA IN DATA 26 GENNAIO 2017 EDIZIONE N° 25 DEL 2017
http://www.lineadiretta24.it/cultura-e-spettacolo/kristina-milakovic-intervista.html
Nella mitologia greca, il Sonno era figlio della Notte e
fratello gemello della Morte: munito di papavero e di verga, toccava gli uomini
e li addormentava, dando loro serenità e risposo. E sono tratti misteriosi,
tipici della sfera onirica, quelli che rintracciamo nei quadri di Kristina
Milacovic. Forte come Cleopatra, decisa come Simone de Beauvoir e misteriosa
come la Monna Lisa, Kristina Milakovic si palesa ai nostri occhi come
l’immagine di un enigma dalla difficile soluzione. Shubert disse che il sogno –
come la poesia – fa appello a certe regioni interiori che comunicano con una
realtà cosmica più profonda di quella cui noi attingiamo nello stato ridesto:
Kristina Milacovic è in grado di trasformare l’impalpabile corso del pensiero –
partorito da un diverso grado della realtà – nella tangibile forma generata dal
suo pennello.
Passeggiando per via dei Delfini – che nella capitale
collega Piazza Margana a via dei Funari – è probabile che un piccolo studio
possa arrestare il vostro passo poiché colti da un’irrefrenabile curiosità. Si
tratta di Evasioni Art Studio, fondato nel 2009 dall’artista Giulia Spernazza e
di cui ne fanno parte dal 2015 le pittrici Alessandra Carloni e Kristina
Milakovic. Ed è proprio in questo spazio pullulante di espressioni variegate,
che abbiamo avuto il piacere di incontrare Kristina Milacovic.
Nata a Belgrado nel 1976, nel 1996 decidi di trasferirti in
Italia. Come hai maturato questa decisione?
“L’idea di andare via dal mio Paese nacque da un esigenza di
tipo pratico. Vent’anni fa, iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Belgrado
era un’impresa difficile (se non vogliamo dire impossibile). La città era rotta
e a governare, in ogni settore, vi erano la corruzione e la speculazione. Ogni
anno entravano soltanto ventidue persone che andavano a formare la classe: dopo
aver trovato i ‘canali giusti’ ed aver effettuato i ‘pagamenti’, gli studenti
superavano in modo assicurato il test di ingresso. kristina milakovicProvai a
fare l’esame di ammissione per due anni di seguito, ma vedendo che il sistema
non sarebbe cambiato di lì a breve, optai per una nuova strategia: con quei
soldi destinati inevitabilmente a un’operazione illecita (all’epoca dieci
milioni di lire), mi sarei trasferita all’estero. In dubbio fra Atene e Praga,
alla fine decisi di partire per l’Italia: le accademie non erano a pagamento a
differenza delle altre due città e poi era molto più comodo ed economico
tornare in Serbia. Quindi nel 1996 mi iscrissi all’Accademia di Belle Arti di
Firenze, città in cui restai un anno poiché essendo cresciuta a Belgrado, per
me era troppo piccola: senza pensarci troppo, preparai i bagagli alla volta
della capitale. All’inizio del 1997 mi iscrivo dell’Accademia di Belle Arti di
Roma e studio presso la 1° Cattedra di Pittura del Professore Nunzio Solendo.
Con quest’ultimo avevo instaurato un rapporto di odio puro (e direi anche
reciproco) dal momento che non apprezzava la mia volontà di voler portare
avanti il mio percorso con l’astrattismo: per fortuna, come tutte le storie a
lieto fine, dopo il Diploma siamo diventati amici stabilendo un legame simile a
quello che un padre ha con la figlia”.
La fantasia non inventa ma rivela. Nella tua vita, c’è stata
una musa in particolare a indicarti la strada verso l’arte o “un modo per
entrare in contatto con la propria follia”, come direbbe Susan Sontag?
“Sono cresciuta in mezzo ai colori, i colori di mia madre.
Lei è una pittrice autodidatta e sin da piccola – nella nostra casa che era per
metà studio – ho imparato le tecniche di costruzione del telaio e a fare
piccole cose, come aiutarla nella stesura degli sfondi ad esempio. Mamma
prendeva le immagini dei quadri dai libri e li riproduceva in modo preciso,
senza averli neanche mai visti dal vivo: icone bizantine, alcune opere di
William Turner e la pittura romantica in generale. A tredici anni cominciai ad
imitarla perché a Belgrado se sei un bravo pittore, diventi una sorta di
artigiano: dunque vendi e guadagni bene. Ricordo ancora con grande divertimento
di essermi incaponita su un paio di pantaloni che costavano troppo e mia madre
(come darle torto), non mi avrebbe mai dato i soldi necessari per assecondare
il mio capriccio. Così sotto la sua spinta-sfida, presi un Turner e lo copiai:
con sommo stupore lei riuscì a venderlo ed io, con quel ricavato, comprai i
miei tanto desiderati pantaloni che dettavano la moda del momento. Senza dubbio
è stata lei a insegnarmi il mestiere, ma ho capito che la mia era una vera
passione e autentica vocazione all’arte all’incirca in seconda superiore: da
quel momento botteghe e corsi di pittura in studi importanti sono diventati il
mio pane quotidiano. Subito dopo l’Accademia, la mia creatività subì una sorta
di battuta d’arresto: avevo allestito una mostra in una strada di Roma quando
un medico di una clinica psichiatrica restando colpito dai miei lavori, mi
propose di andare a insegnare pittura ai pazienti. È stata un’esperienza
intensa durata sette lunghi anni. Mi ha dato molto ma allo stesso tempo –
impiegando intere giornate a impartire lezioni – la mia arte, all’epoca, rimase
ferma. Il licenziamento mi sembrò la decisione migliore che potessi prendere,
perché se fossi rimasta lì, probabilmente non sarei riuscita a capire ciò che
volevo fare sul serio nella prospettiva futura, ovvero lavorare e vivere della
mia arte. Dal 2009 mi sono rimessa in gioco e fra gli incarichi recenti che più
ho amato vi è stato quello di illustrare alcune stanze dell’opera “Ritorno alla
terra desolata” di Gabriele Marconi: un’atmosfera fatta di parole e di
immagini, in cui la poesia incontra l’arte, creando il connubio perfetto”.
Le tele, i disegni e le carte di Kristina Milakovic sono
territori da esplorare, da scoprire con il lento movimento dello sguardo:
edifici, paesaggi, finestre ed elementi architettonici vengono allora
trasfigurati dal tocco astratto della sua mano ferma e le sfumature, cifra
stilistica dell’artista, spaziano da tonalità chiare a gradazioni sempre più
scure tanto da richiamare il nero della notte e il buio dell’anima. La sua è una
pittura emotiva, gestita dai moti d’animo che colgono la pittrice in modo
improvviso e il supporto su cui essa si esprime, è spesso oggetto di sfogo e di
riflessione. Dei puntini di colore rosso talvolta prendono vita sui quadri
dando loro una luce diversa, un tocco che sembrerebbe quasi la firma con il
sangue della stessa Kristina Milakovic sulla tela: una tela che è la pelle
stessa dell’artista. Guardare un’opera di Kristina Milakovic è come leggere una
poesia di Arthur Rimbaud: un processo di spersonalizzazione e smarrimento
continuo. Di ampio respiro europeo, la
sua arte non trova collocazione nelle canoniche definizioni della disciplina. È
un continuo viaggio alla ricerca di nuove isole su cui approdare. ****************************************************************************************** La città evanescente. Forlì nell’arte
di Kristina Milakovic “Le città come i
sogni sono costruite di desideri e di paure, anche se il filo del loro discorso
è segreto, le loro regole assurde, le prospettive ingannevoli, e ogni cosa ne
nasconde un'altra.” Da “Le città invisibili” – Italo Calvino 1972 Come qualcuno
scriverebbe sono “città (quasi) invisibili” le vedute urbane di Kristina
Milakovic che per la prima volta alla Galleria Artistica crea un progetto
pittorico di vedute della città di Forlì. “La città evanescente. Forlì
nell’arte di Kristina Milakovic”, questo è il titolo che mi suggeriscono le
opere dell’artista nata a Belgrado nel 1976 e oggi residente a Roma. L’artista serba, nel gesto veloce di dipingere, riesce a
donare leggerezza anche a ciò che c’è di più solido e tangibile nella città: la
sua architettura. Solida e concreta com’è quella del Ventennio, fortemente
identitaria per Forlì, permea le forme razionaliste, i muri curvati e le
facciate neoclassiche dei grandi palazzi che costellano la città. Nella pittura
accelerata di Milakovic tutto diventa lieve quasi a suggerirci che il tessuto
urbano di questa Forlì appartiene ad un tempo passato, svanito ed evanescente. La città per Kristina Milakovic è uno scrigno che custodisce
passato e presente, in cui le atmosfere urbane sono rarefatte e acquisiscono
una consistenza quasi onirica. Ne è un esempio la veduta di Via delle Torri che
invita lo spettatore a percorrerla ma al contempo crea timore per quell’assenza
di pavimento che suggerisce una voragine. Il non finito è fonte d’inquietudine.
Nel tratto fulmineo quasi incompiuto di Milakovic la città
perde consistenza e acquisisce fluidità, le strutture si alleggeriscono. Gli
elementi immateriali lasciano spazio a trasparenze e leggerezze in favore della
vibrazione della luce. E’ un meraviglioso gioco illusionistico di confine. Con grande tenacia il pennello dell’artista si accorda sulla
scala infinita dei blu e sulle cromie rugginose e si perde su orizzonti lontani
non finiti, verso il domani che verrà. Kristina Milakovic lavora nella continua ricerca di un
equilibrio fra il passato, che è una costante tentazione, e il futuro ossia
l’unica direzione verso la quale è possibile avanzare. Come un’esploratrice è
desiderosa di scoprire cosa c’è oltre quella apparente semplice veduta di
città. I suoi quadri sono un’incredibile lezione di curiosità per il nuovo e
dimostrano grande coraggio per l’ignoto. La tecnica mista di acrilico, bitume e inchiostro
restituisce un contesto urbano avvolto da un sottile pulviscolo atmosferico,
una “nebbia” che tende a confonderne i contorni. Nelle tele non cogliamo l’alba o il tramonto, non sono
vedute “dal vero” ma vero-simili. Potremmo riconoscere scorci cittadini
realmente esistenti ma poi le strade paiono specchi d’acqua, la linea
d’orizzonte si perde nel fuori fuoco e lo sfumato lascia spazio
all’immaginazione di chi guarda. L’osservatore non è esterno al quadro ma è parte di esso.
L’occhio fatica a distinguere i singoli elementi che si perdono nel lontano
orizzonte e si fondono con il cielo. Le prospettive invitano ad entrare nello
spazio-quadro in cui forme e volumi plastici diventano un ricordo sfumato dalla
memoria e dal tempo.
Sabrina
Marin
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